martedì 26 maggio 2015

Continuano le papocchie del governo lucano

Ultima "ciambotta" della compagnia di merenda regionale. Seduta d'urgenza, nel primo pomeriggio, per decidere gli spostamenti dei dirigenti del "massimo ente territoriale lucano" (le virgolette hanno un loro significato). E fin qui nulla di male trattandosi di rendere efficiente la macchina organizzativa (se questa è l'ispirazione). Ma la sapete l'ultima. Mancavano due assessori, Raffaele Liberali (e anche questa non è una novità visti i rapporti che ha con Pittella) e il neo assessore Luca Braia. Prima seduta: Braia assente. E giù a dargli in testa senza sapere che Braia era all'oscuro di tutto. La macchina burocratica si è inceppata generando un vuoto nella catena di comando. Casuale o voluto? La domanda nasce spontanea? Ennesimo raid istituzionale del presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella. Come, non convochi Liberali e Braia? Che poi, a dirla tutta, sono gli assessori maggiormente interessati a dare un assetto diverso ai dipartimenti e maggiormente interessati agli spostamenti dei dirigenti. Vedremo gli effetti, ma soprattutto Braia avrà gli attributi per affermare i suoi convincimenti al cospetto di sua altezza Pittella? In agguato le elezioni di Matera: quale linea interna al Pd vincerà? Intanto il reuccio di Lauria ha messo gli occhi su Avigliano e sponsorizza fortemente il suo candidato. Feudi che servono in vista di traguardi più ambiziosi e ridimensionare ambizioni politiche di Speranza, di Lacorazza e di Folino, Da tenere sott'occhio anche l'appeal di Filippo Bubbico. Uno dei migliori presidenti della Regione negli anni della seconda Repubblica. A man forte, per il reuccio, ci pensano i renziani, la stragrande maggioranza del partito. E dire che quando l'ex sindaco di Firenze e attuale presidente del consiglio dei ministri venne a Potenza, al cinema  2 Torri non ce n'era uno dei papaveri del Partito democratico. La maggior parte erano tesserati democratici ansiosi di una nuova linea di governo. Renzi avrà soddisfatto gli italiani? Le prossime elezioni del 31 maggio forniranno i primi dati, in attesa del 2018 per le elezioni parlamentari. Matera Citta' della Cultura, prossima al primo sondaggio della vera vis politica di Pittella, il banco di prova più temibile.
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martedì 3 marzo 2015

Penali si, penali no...


Il  dilemma della penale per il recesso anticipato.
Potremmo chiamarlo un ouròboros, ovvero, un eterno ritorno!
Già, perché, col Ddl concorrenza 2015 vengono di fatto reintrodotte le penali per la disdetta anticipata del contratto di telefonia. Se il ddl dovesse diventare legge – e ci auguriamo di no - i consumatori potrebbero pagare anche più di 100 euro per il recesso anticipato. Recita, infatti, l’art. 16 che: “Nel caso di risoluzione anticipata le spese devono essere eque e proporzionate al valore del contratto”. Andiamo bene! Il ministero dello Sviluppo economico si è affrettato a precisare che non verrà reintrodotta nessuna penale, ma la vicenda già puzza di sola tutta all’italiana.
Nel 2007 la legge Bersani per disciplinare la concorrenza aveva sancito l’abolizione delle penali per la disattivazione delle linee. La legge n. 40/2007, che ha convertito, con modifiche, il Decreto Legge n. 7/2007, all’art. 1, comma 1, prevede infatti che “Al fine di favorire la concorrenza e la trasparenza delle tariffe, di garantire ai consumatori finali un adeguato livello di conoscenza sugli effettivi prezzi del servizio, nonché di facilitare il confronto tra le offerte presenti sul mercato, è vietata, da parte degli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche, l’applicazione di costi fissi e di contributi per la ricarica di carte prepagate, anche via bancomat o in forma telematica, aggiuntivi rispetto al costo del traffico telefonico o del servizio richiesto. E’ altresì vietata la previsione di termini temporali massimi di utilizzo del traffico o del servizio acquistato. Ogni eventuale clausola difforme è nulla e non comporta la nullità del contratto, fatti salvi i vincoli di durata di eventuali offerte promozionali comportanti prezzi più favorevoli per il consumatore”.
Il comma 3 del medesimo art. 1, inoltre, prevede che “I contratti per adesione stipulati con operatori di telefonia e di reti televisive e di comunicazione elettronica, indipendentemente dalla tecnologia utilizzata, devono prevedere la facoltà del contraente di recedere dal contratto o di trasferire le utenze presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati e senza spese non giustificate da costi dell’operatore e non possono imporre un obbligo di preavviso superiore a trenta giorni.
In verità, i gestori telefonici avevano sempre aggirato la norma, continuando di fatto a imporre i famosi "contributi di disattivazione" che in bolletta sono indicati come “importo per dismissione; costo per attività di migrazione”ecc., ostacolando così il recesso da parte dei consumatori. E suddetto recesso può arrivare a costare (illegittimamente) dai 30 ai 100 Euro.
L’Agcom, autorità garante delle telecomunicazioni, sollecitata dai consumatori, è più volte intervenuto sul punto con diverse delibere, qui sotto elencate:
Nella sostanza, come si evince dal tenore letterale dei vari provvedimenti adottati dall’Autorità: “secondo l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (ex pluribus, Cass. Civ., sez. III, 17 febbraio 2006) l’emissione della bolletta non costituisce un negozio di accertamento, idoneo a rendere certa ed incontestabile l’entità periodica della somministrazione, ma solo un atto unilaterale di natura contabile diretto a comunicare all’utente le prestazioni già eseguite secondo la conoscenza ed il convincimento dell’operatore telefonico; resta dunque rettificabile in caso di divergenza con i dati reali. Tanto premesso, sussiste in capo all’operatore l’onere di provare l’esattezza dei dati posti a base della fattura nel caso di contestazione del suo ammontare da parte dell’utente (Cass. Civ. sez. III, 28 maggio 2004, n. 10313), la società XXX avrebbe dovuto dimostrare l’equivalenza degli importi fatturati a titolo di recesso ai costi effettivamente sostenuti per la gestione della procedura di disattivazione, in conformità a quanto previsto dall’articolo 1, comma 3, della legge n.40/2007”.

Ma vi è di più.

Eventuali costi di disattivazione posti a carico dell’utente, in assenza di prova contraria, sono del tutto ingiustificati, con esclusione dei soli costi di gestione pratica valutati, all’esito dell’istruttoria svolta da questa Autorità, rispettivamente in Euro 10 (Ricaricabili e Abbonamenti residenziali) ed Euro 14,00 (Abbonamento Business) del gestore XXX”.

In breve: può essere richiesto all’utente il pagamento di somme che siano giustificate da costi che l’operatore sopporta per le attività pertinenti al recesso. L’operatore deve quindi motivare e giustificare i costi addebitati per il recesso anticipato. Costi che devono essere congrui e contenuti. Costi che sono BEN LONTANI dalle penali avanzate dai gestori telefonici
In base all’interpretazione della legge, seguita dall’Autorità nei propri provvedimenti e confermata dal giudice amministrativo, i costi che l’operatore può richiedere in sede di recesso anticipato sono soltanto quelli strettamente connessi alle attività necessarie alla lavorazione del recesso, secondo principi economici di causalità e pertinenza.

Ad oggi non esiste un elenco dei costi giustificati per il recesso, quindi, nel caso il consumatore non ritenga congrua e motivata la somma richiesta dal proprio operatore, può presentare un reclamo scritto al gestore chiedendo di giustificare dettagliatamente gli importi addebitati.
Qualora il reclamo non vada a buon fine (per esempio perché l’operatore non risponde o perché, pur rispondendo, non fornisce una convincente giustificazione degli addebiti), l’utente per tutelare i propri interessi instaurando un contenzioso con l’operatore e/o può segnalare la vicenda all’Autorità con il modello D per l’avvio di un eventuale procedimento sanzionatorio nei confronti dell’operatore.

Diciamoci la verità: questo Ddl 2015 non suscita molto entusiasmo per molteplici aspetti e ci auguriamo di non rivedere, come ciliegina di una terribile torta, il ritorno in vigore delle penali da recesso anticipato!



venerdì 23 gennaio 2015

Gentiloni: immigrazione e pericolo di infiltrazioni terroristiche

“Ci sono dei rischi di infiltrazione anche notevoli di terroristi dall’immigrazione“. E’ quanto affermato a Londra, per il vertice ristretto dei 21 ministri degli Esteri della coalizione internazionale anti Stato Islamico, dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni che ha aperto un nuovo fronte di allarme sul tema terrorismo: “Per fortuna i nostri apparati di sicurezza sono allertati e funzionano, ma questo non ci consente di abbassare minimamente il grado di preoccupazione. Nessun Paese democratico - ha precisato poi il titolare della Farnesina - può avallare alcuna confusione fra fenomeni migratori e terroristici. Diffondere l’idea che dietro i barconi di disperati che approdano sulle nostre coste si annidi il terrorista col kalashnikov sarebbe un errore culturale oltreché improbabile dal punto di vista tecnico”. Nel pomeriggio a palazzo Chigi si sarebbe dovuto tenere il consiglio dei ministri che avrebbe dovuto varare un decreto legge contenente nuove norme anti-terrorismo, ma la riunione è stata rinviata a mercoledì 28. Le dichiarazioni del ministro arrivano nel giorno in cui un cittadino albanese di 30 anni è stato arrestato dalla polizia dell’aeroporto “Vincenzo Bellini” di Catania perché trovato in possesso di documenti falsi e foto che lo ritraevano mentre imbracciava un kalashnikov. “Dichiarazioni gravissime, che meritano immediate spiegazioni in Parlamento - attacca il segretario federale della Lega Nord Matteo Salvini - il blocco di Triton (l’operazione di pattugliamento dei mari coordinata da Frontex che ha sostituito Mare Nostrum) e di ogni nuovo sbarco”. “Lo diciamo da 10 anni almeno - attacca il presidente della Lombardia Roberto Maroni, ex ministro dell’Interno - e mi preoccupo: le parole di Gentiloni confermano l’incapacità del governo ad affrontare il problema”. Le polemiche innescate dalle parole di Gentiloni hanno indotto la Farnesina a diramare un comunicato per chiarificare il senso delle parole del ministro, che “ha ripetuto quanto detto in diverse occasioni pubbliche nelle scorse settimane. Stabilire generiche relazioni tra terrorismo e immigrazione, oltre ad essere privo di senso, significherebbe fare un regalo ai terroristi. Di fronte ai rischi di infiltrazioni comunque vigilano le nostre forze di sicurezza e l’intelligence”. Ci sono i capi delle diplomazie di Usa, Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Belgio, Danimarca, Norvegia, Paesi Bassi, Spagna, Turchia, Australia, Canada, Egitto, Iraq, Bahrein,Giordania, Kuwait, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi a Lancaster House, a poca distanza da Buckingham Palace, per delineare la strategia di contrasto allo Stato Islamico. “Il contributo italiano è il secondo più importante nell’addestramento alle forze che combattono sul terreno – ha spiegato ancora Gentiloni ai cronisti – lavoriamo molto sulla ricognizione aerea e oggi il Consiglio dei ministri approverà i finanziamenti per il 2015″. Gentiloni si è detto, tuttavia, convinto che il contrasto all’immigrazione illegale è un obiettivo che può essere perseguito non attraverso la forza, quanto mediante accordi tra i Paesi: “I flussi migratori dai Paesi dell’Adriatico e dall’Albania non sono stati risolti schierando le truppe, ma con strategie, accordi e cooperazione”.

giovedì 22 gennaio 2015

L'Islam e l'oscurantismo

Ha una fama sinistra ma la fatwa, o fatawi al plurale, in fondo, è solo un codice di comportamento quotidiano e non è obbligatorio rispettarlo. Per avere valore deve uscire dalla bocca di un'autorità religiosa, ma in troppi, hanno denunciato alcuni analisti algerini, si attribuiscono un ruolo nell'Islam e si sentono autorizzati a dettare legge a caso. Le palle di neve. Le fatawi vietano gadget, oroscopi, la riproduzione di cd e dvd. Per non dire del nuovo profumo «Victoria's Secret: Strawberries and Champagne» ritirato dal governo dagli scaffali di Doha senza bisogno di una fatwa perchè «va contro le abitudini, le tradizioni e i valori religiosi del Qatar». Ma in questi anni abbiamo visto anche di peggio. É l'ultima in ordine di apparizione: vietato costruire pupazzi di neve in Arabia Saudita, fatwa dell'imam Mohammad Saleh Al Minjed. Dice che realizzare uomini o animali di neve è contrario all'Islam. Unica eccezione, riporta Gulf News , i pupazzi di neve raffiguranti soggetti inanimati cioè navi, frutta o case. La reazione però è stata piuttosto gelida. I pokemon. Pikachu, Meowih, Bulbasaur, sono stati accusati di complotto giudaico-massonico, e messi al bando dallo sceicco saudita Yusuf al-Qaradawi, ideologo dei Fratelli musulmani. Vietata la loro vendita in tutta l'Arabia Saudita. I Pokemon, sentenzia la fatwa, si sono coalizzati per far diventare ebrei i musulmani. Bastasse un cartoon. I tatuaggi. Fresca anche questa. La Direzione Affari Religiosi di Turchia guidata dal Gran Mufti Mehmet Gormez, principale autorità religiosa islamica del paese, ha emesso una fatwa contro i tatuaggi: «Allah ha maledetto coloro che cambiano il loro aspetto creato da Dio». Spacciati Materazzi e Belen. Il calcio. La fatwa dello sceicco Abdallah Al Najdi si basa sul principio che vieta ai musulmani di imitare cristiani ed ebrei. Si può giocare ma con regole diverse: niente linee bianche in campo, niente squadre di 11 giocatori, porte senza traverse, chi grida gol va espulso e niente arbitro perchè superfluo. Come del resto nel nostro campionato. I croissant. Ad Aleppo una commissione sulla sharia ha emanato un editto religioso contro il consumo di croissant, considerati il simbolo della colonizzazione dell'Occidente. Il babà invece va bene ma solo se si chiama alì. La chat. Chi chatta online attraverso i social network con persone dell'altro sesso commette peccato. Lo stabilisce la fatwa dello sceicco Abdullah al-Mutlaq, membro della Commissione saudita degli studiosi islamici. Poi hanno fatto retromarcia: si riferiva a un caso isolato da non generalizzare. Il rock. L'ha decisa in Malaysia la Commissione del consiglio per gli affari islamici secondo la quale la musica rock va spenta perché fa male allo spirito. E c'è una variante, il black metal, che essendo dominata dall'immaginario occulto, ha il potere di traviare e stravolgere le anime dei giovani musulmani. Il liscio non si sa. Il sesso. Fare l'amore si può. Ma non nudi. «Esserlo durante l'atto sessuale invalida il matrimonio» la fatwa imposta dallo sceicco Rashar Hassan Khalil. Non tutti sono d'accordo. Il presidente del comitato delle fatwa di alAzhar, Abdullah Megawer, ha corretto, come si suol dire, il tiro: nudità ammesse, ma a patto che i partner non si guardino. La bicicletta. A lanciarla è stata la guida suprema della Repubblica islamica, l'ayatollah Ali Khamenei in persona: proibisce nel modo più assoluto la bici alle donne iraniane. Il cane. Nonostante sia per l'Islam un animale impuro, il cane è molto diffuso come animale domestico in Iran. Così il grande ayatollah Nasser Makarem-Shirazi ha emesso la sua fatwa: «Non c'è dubbio che il cane sia un animale immondo». Pur ammettendo che il Corano non dice nulla in proposito. Lo yoga. Oltre 10 milioni di persone hanno partecipano in India a una lezione di massa di yoga per il Guinness dei Primati. La cosa però non è piaciuta ai vertici religiosi musulmani di Bhopal che hanno lanciato una fatwa per condannare l'esercizio come «antislamico» e «pagano» per il riferimento al dio Surya. La festa di compleanno. Celebrare compleanni e anniversari di nozze non può avere spazio nell'Islam. Lo dice il Gran Muftì dell'Arabia Saudita, Sheikh Abdul Aziz Al-Alsheikh. «Un musulmano dovrebbe solo ringraziare Allah se i suoi figli stanno bene e se la sua vita matrimoniale è buona». Le classiche nozze con i fichi secchi. L'eclisse. Una fatwa lanciata dal gran mufti d'Egitto proibisce ai musulmani di osservare l'eclissi. «Mette in pericolo la vista dell'essere umano e poiché l'islam proibisce all'uomo di mettere in pericolo la sua vita è peccato guardare l'eclisse». E con questa siamo al buio pesto.

venerdì 16 gennaio 2015

Jihad, guerra santa e fatwa. Per capirne di più

Cosa vuol dire Jihād? A scrivere il significato ci pensa lo storico wikipedia: “Esercitare il massimo sforzo”. La parola connota un ampio spettro di significati, dalla lotta interiore spirituale per attingere una perfetta fede fino alla guerra santa. Il termine fa riferimento a una delle istituzioni fondamentali dell'Islam. Oggi il termine è usato in numerosi circoli come se avesse una dimensione esclusivamente militare. Per quanto questa sia l'interpretazione più comune di jihād, è degno di nota che la parola non è usata strettamente in questo senso nel Corano, il testo sacro dell'Islam. È anche vero, tuttavia, che la parola è usata in numerosi hadīth sia in contesti militari che non militari. E la guerra santa cos’è? E’ un'azione o un complesso di manovre strategiche militari e in genere una vera e propria guerra alla quale siano attribuite finalità di salvaguardia di valori religiosi. Nonostante la prevalenza dell'uso che se ne fa per iperbole nel comune conversare, l'espressione ha nella storia ben precisi significati e riferimenti. E la fatwā? Nella concezione popolare moderna, il termine fatwā è spesso interpretato come sentenza di condanna a morte di una persona da parte della comunità islamica.Sebbene questo sia uno dei possibili significati, non è però uno dei più comuni, e molti musulmani si ritengono irritati da un simile indebito accostamento tra fatwā e "pena capitale" da parte degli occidentali. La fatwā può infatti riguardare pressoché qualunque aspetto della vita individuale, delle norme sociali e religiose, della guerra e della politica del mondo islamico. Nei 1.400 anni di storia musulmana, milioni di fatāwā sono state emesse su innumerevoli situazioni quotidiane, come il matrimonio, gli affari economici e le questioni private. Tuttavia, un assai limitato numero di esse riguarda argomenti ben più controversi, come il jihad e i dhimmi, e sebbene siano emanate perlopiù da improvvisati e irrituali "dotti" fondamentalisti, tendono a ricevere molta più attenzione da parte dei mezzi di comunicazione non islamici, a causa dei loro importanti riflessi politici.
 
da wikipedia

lunedì 12 gennaio 2015

Strage di Charlie Hebdo. Papa Francesco: "Una cultura che rigetta l'altro"

“Un Medio Oriente senza cristiani sarebbe un Medio Oriente sfigurato e mutilato". Lo ha detto Papa Francesco nel suo discorso di inizio anno al corpo diplomatico accreditato alla Santa Sede, auspicando che "i leader religiosi, politici e intellettuali specialmente musulmani, condannino qualsiasi interpretazione fondamentalista ed estremista della religione, volta a giustificare tali atti di violenza”. “La tragica strage avvenuta a Parigi alcuni giorni fa nasce da una cultura che rigetta l'altro, recide i legami più intimi e veri, finendo per sciogliere e disgregare tutta quanta la società e per generare violenza e morte”. “Constatiamo con dolore le conseguenze drammatiche di questa mentalità del rifiuto e della cultura dell'asservimento nel continuo dilagare dei conflitti come una vera e propria guerra mondiale combattuta a pezzi, essi toccano, seppure con forme e intensità diverse, varie zone del pianeta”.
Papa Francesco ha espresso parole sul “dilagare del terrorismo di matrice fondamentalista in Siria ed in Iraq". "Tale fenomeno - ha spiegato - è conseguenza della cultura dello scarto applicata a Dio". Secondo il Papa, "il fondamentalismo religioso, infatti, prima ancora di scartare gli esseri umani perpetrando orrendi massacri, rifiuta Dio stesso, relegandolo a un mero pretesto ideologico. Di fronte a tale ingiusta aggressione, che colpisce anche i cristiani e altri gruppi etnici e religiosi della Regione, occorre una risposta unanime che, nel quadro del diritto internazionale, fermi il dilagare delle violenze, ristabilisca la concordia e risani le profonde ferite che il succedersi dei conflitti ha provocato".

domenica 11 gennaio 2015

Jeanette Bougrab: «E' una guerra»

Dopo quanto accaduto il pensiero di Jeanette Bougrab, compagna di Charb, il direttore di Charlie Hebdo, rilasciata all’emittente francese BFM. «Io penso che questa sia una guerra, anche se guerra è una parola che non si dovrebbe pronunciare. Penso che questa sia una guerra che non è stata dichiarata. Non sono convinta che le misure legislative a nostra disposizione siano sufficienti. Io penso che oggi Internet e Twitter siano mezzi di diffusione di odio dove in maniera anonima le persone possono decidere della fatwa. Possono scegliere chi deve vivere, chi deve morire e noi non abbiano ancora preso le misure con questo».
Lei ha fatto un documentario sul Pakistan. Sulle donne alle quali è stato interdetto di andare a scuola.
«Sì, ci sono stata diciassette giorni in Pakistan, ho viaggiamo molto, sono stata alla frontiera afgana, ho parlato con tante persone, ho fatto interviste e non mi è successo nulla. Nulla. E invece oggi in Francia, noi che diamo lezioni a tutto il mondo.... il mio uomo, il mio compagno è morto assassinato perché disegnava in un giornale. Io vorrei che mi spiegassero che cosa succede oggi in Francia. Penso che alcuni non continue- ranno l'avventura di Charlie. Perché sono terrorizzati, perché hanno paura per le loro vite e perché sanno che oggi in questo Paese quando si prende in mano una matita si può essere uccisi. Questa è ora la Francia. Bisogna smetterla di far finta di niente: ci sono dei poliziotti, degli innocenti che sono morti. Ci sono dei giovani che disegnavano che sono stati assassinati. Ed è successo in Francia».
Charlie continuerà?
«Charlie deve continuare anche se se ne sono andati i suoi "padri", gli uomini che lo avevano fondato non ci sono più. Ma deve andare avanti perché semmai Charlie dovesse sparire, sarebbe come se uccidessero Stephane una seconda volta».
Oggi moltissimi francesi, moltissimi europei, moltissimi americani, tutto il mondo oggi dice: "Io sono Charlie". Questa è una forma di vittoria?
«No, no. Assolutamente no perché lui è morto. Non è assolutamente una vittoria. È una sconfitta, una tragedia per il nostro Paese. E io non posso gioire all'idea che ci siano dei giovani che scendono in piazza per manifestare perché hanno ammazzato e mi hanno strappato l'essere caro che mi ha accompagnato nella vita».

Islam e Occidente: occorre maggior dialogo

I fatti di Parigi indignano tutti. E’ stato compiuto un attentato alla libertà e alla democrazia. Conquiste raggiunte con il sangue di generazioni. Ora più che mai è necessario difendere istituzioni consolidatesi nel tempo con gli strumenti propri di una civiltà evoluta, siano essi culturali o di repressione quando viene violata la legge. L’islam viene guardata con sospetto perché nell’immaginario collettivo rappresenta un pericolo e diventa difficile distinguere il musulmano buono da quello cattivo. Occorre evitare derive isolazioniste e puntare sull’integrazione per facilitare la convivenza di idee diverse sotto lo stesso cielo. E’ lapalissiano che il dialogo interreligioso venga preso nella sua accezione di positività, a patto che vengano rispettati i convincimenti di un uomo che ha abbracciato una fede. Nel mondo occidentale di oggi sono ammesse solo religioni di pace. Una vera controversia etica e morale. A questo punto occorre una riflessione: quanti secoli ci sono voluti all’Occidente cristiano per fare outing su quanto fatto in nome di Dio? Inutile ricordare eventi storici che hanno condotto la Chiesa verso infimi gradini della civiltà e rappresentanti le bassezze umane. Oggi lo stesso occidente a guida laica e non sottomessa a poteri religiosi continua a uccidere con l’intervento diretto, quando lo si fa sul “campo”, o indiretto, quando si tratta di forniture di armi da fuoco (e nella lista ci sono anche la Russia e la Cina). Se l’intervento armato è necessario per motivi umanitari diventa indifendibile se è mirato a garantire a uno o più Stati ad esempio, l’approvvigionamento petrolifero necessario (è il caso della guerra in Iraq). Tutto ciò non giustifica atti estremisti ma induce a una riflessione su quanto sia difficile individuare un percorso di pace che garantisca a tutti libertà intoccabili e soprattutto il rispetto della vita. L’islam è una religione più “giovane”, non per questo giustificabile se in nome di essa si arroga il potere di vita o di morte di una vita umana e di un’idea, e si sta insinuando tra le pieghe del processo di secolarizzazione che sta vivendo la Chiesa traendone spazi di affermazione per i suoi precetti. Ora tocca ai rappresentanti dell’Islam fare chiarezza e garantire la pacifica convivenza tra credi diversi, prendendo le distanze dall’Isis e dagli altri movimenti terroristici. E perché no: permettere l’edificazione di case di culto in Arabia. Un sogno impossibile. Infine, a chi afferma che i vignettisti di Charlie se la sono cercata sbaglia e contribuisce a tentare di cancellare la parola libertà. E non mi sembra nemmeno il caso di citare Voltaire per affermare un’idea che è ormai nel dna del mondo culturale libero.


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Regione Basilicata: approvata la manovra finanziare 2015

Prevista una movimentazione finanziaria di circa 3 miliardi e 300 mila euro. Fondi per sanità, inclusione sociale, trasporti, istruzione, ambiente, sviluppo e imprese

Il Consiglio regionale ha approvato a maggioranza (con 12 voti favorevoli di Pd, Pp, Ri, Psi, Cd e 7 voti contrari Pdl-Fi, M5s, Lb-Fdi, Udc, Gruppo misto) la manovra finanziaria della Regione Basilicata per il 2015, che ammonta a circa 3 miliardi e 300 milioni. In linea con la recente normativa i limiti massimi di indebitamento vengono previsti in forte contrazione: dai 97 milioni del 2014 si passa ad una previsione di 70 milioni di euro per il 2015, di 6,3 milioni di euro per il 2016 e di 3 milioni di euro nel 2017.
Tra le misure in materia sanitaria previsti investimenti tesi alla riqualificazione del presidio ospedaliero di Melfi (2 milioni di euro), del polo riabilitativo di Maratea (6,5 milioni di euro) e del costituendo Centro di medicina ambientale dell’ospedale di Villa d’Agri. Per questa iniziativa, che consentirà di avviare le attività di epidemiologia ambientale, previsti fondi per 1 milione e 500 mila euro. Fondi anche per il potenziamento del parco tecnologico del servizio sanitario regionale (7 milioni di euro), per il potenziamento della rete regionale diagnostico-terapeutica oncologica e di radioterapia (6 milioni di euro) e per l’attivazione di un “Polo oftalmico regionale” nel presidio ospedaliero di Venosa (100 mila euro). Previste inoltre misure per la riorganizzazione dei servizi e il contenimento della spesa sanitaria. Stabilito il differimento di due mesi del programma per il contrasto delle condizioni di povertà e di esclusione. In attesa che venga avviato il programma del reddito minimo/reddito d’inserimento, previsto dall’articolo 15 della legge regionale n.26/2014 (assestamento di bilancio), l’attuale programma Copes avrà validità fino al febbraio 2015.
Le principali allocazioni finanziarie per il 2015 riguardano la sanità (1 miliardo e 50 milioni), le politiche sociali (44,6 milioni di euro), assetto del territorio ed edilizia abitativa (74, 1 milioni di euro), sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente (256,4 milioni di euro), trasporti e diritto alla mobilità (266,7 milioni di euro), protezione civile (109,3 milioni di euro), turismo (29,4 milioni di euro), tutela e valorizzazione dei beni e delle attività culturali (34,3 milioni di euro), istruzione e diritto allo studio (36,4 milioni di euro), sviluppo economico e competitività (215,2 milioni di euro), politiche per il lavoro e la formazione professionale (100,5 milioni di euro), agricoltura, politiche agroalimentari e pesca (56,2 milioni di euro), energia e diversificazione delle fonti energetiche (14,5 milioni di euro), politiche giovanili, sport e tempo libero (7 milioni di euro).
Alla Caritas regionale è concesso un contributo straordinario di 200 mila euro per l’assistenza alle famiglie in stato di difficoltà economica. Per un programma per il recupero di alloggi sfitti dell’Ater da destinare alle fasce sociali più deboli, è previsto uno stanziamento di 1,5 milioni di euro. A sostegno del processo di riordino delle funzioni istituzionali (Province e unioni di Comuni) previsto dalla legge n. 56/2014, previsto un primo stanziamento di 450 mila euro, mentre nelle more del riordino del sistema formativo integrato, le Agenzie provinciali per la formazione potranno proseguire la loro attività attuando i programmi della Giunta regionale a valere sulle risorse del Fse. Contributi straordinari vengono assegnati alla Provincia di Matera (1 milione di euro per i servizi indispensabili di trasporto pubblico resi nel 2014), alla Provincia di Potenza (100 mila euro per il trasporto pubblico nel 2015, con particolare riferimento alle linee per la Sata di Melfi), al Museo naturale del Vulture (50 mila euro), al Comune di Matera (200 mila euro per le spese sostenute per la messa in sicurezza di Vico Piave), ai Comuni di Matera e Montescaglioso (fino a un massimo di 100 mila euro per alleviare il disagio delle famiglie sgomberate a seguito del crollo di vico Piave e della frana di Montescaglioso), al Consorzio di bonifica di Bradano e Metaponto (20 mila euro), al Comune di Potenza (200 mila euro per assicurare i servizi essenziali), al Consorzio industriale di Matera (700 mila euro – 200 mila per il 2015, 250 mila per il 2016 e 250 mila per il 2017 - per la manutenzione della tratta ferroviaria Jesce – Casal Sabini), per gli enti pubblici e privati operanti in Basilicata nel campo delle scienze motorie (100 mila euro).
Per rafforzare la dotazione infrastrutturale, in particolare con un sistema aeroportuale integrato a servizio del territorio regionale, prevista la sottoscrizione di quote dell’aeroporto di Pontecagnano per 280 mila euro nel 2015, 300 mila euro nel 2016 e 1 milione e 400 mila euro nel 2017. Stanziati fondi anche per consentire l’avvio delle attività di trasporto pubblico passeggeri non di linea sull’aviosuperficie pista “Enrico Mattei” di Pisticci. Il finanziamento, stanziato anche nell’ambito delle iniziative connesse alla partecipazione regionale all’evento “Expo 2015”, sarà così programmato: una spesa iniziale di 250 mila euro per l’esercizio finanziario 2015 e 250 mila euro per gli anni 2016 e 2017. Una quota parte di queste somme sarà destinata ad iniziative di turismo di ritorno nell’ambito delle attività della Commissione regionale dei Lucani all’estero. Inoltre, 150 mila euro saranno destinati, per l’esercizio finanziario 2016, all’avvio delle attività di volo, anche di tipo sportivo e turistico, all’aviosuperficie di Grumento.
Si prevede inoltre di istituire una serie di fondi (tutti con una dotazione iniziale di 10 mila euro, ai quali si aggiungeranno i finanziamenti comunitari) per il sostegno agli interventi in materia di ricerca, sviluppo tecnologico ed innovazione, per il miglioramento dell’accesso alle tecnologie dell’informazione (agenda digitale, banda larga), per promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, per il sostegno ad interventi per la riduzione dei consumi negli edifici e nelle strutture pubbliche, per l’efficienza energetica delle strutture produttive dei cicli di produzione e per la mobilità sostenibile, per la promozione dell’adattamento al cambiamento climatico, alla prevenzione e gestione dei rischi, per la tutela dell’ambiente e l’uso efficiente delle risorse, per interventi finalizzati a contrastare la disoccupazione, rafforzare la capacità competitiva del sistema imprenditoriale e i processi di adattabilità, contrastare il divario di genere nel mercato del lavoro regionale, per l’inclusione sociale e la lotta alla povertà ed alla discriminazione, per gli investimenti nell’istruzione e nella formazione.


Consiglio Informa

A marzo una nuova giunta per la Basilicata

Prove tecniche per una nuova giunta regionale. In qualche modo lo si sapeva già all’indomani della scelta dei “tecnici” individuati dal presidente dell’esecutivo lucano, Marcello Pittella. Di nomi ne girano tanti, ma i sicuri non vengono pronunciati per evitare di “bruciarli”. Di certo è che il 2015, probabilmente in primavera, sarà la stagione per rafforzare la coesione interna al fine di assicurare un altro governo alla Basilicata. Le decisioni saranno prese tenendo in considerazione una serie di fattori. In primo luogo le prossime elezioni comunali a Matera per la scelta del sindaco. Consultazioni per le quali il Partito democratico sta individuando una soluzione, anche questa all’insegna della continuità e di un rafforzamento del consenso, non dimenticando l’operato del sindaco della Città dei Sassi, Salvatore Adduce. Un dato non rilevato da sondaggi ma da considerazioni tra i democratici che guardano alla possibile disaffezione dell’elettorato. Verso un’alternanza di governo? Sicuramente, leggendo le percentuali dei voti assegnati al partito, è difficile che ciò avvenga. Sul “fronte” regionale oltre ad Adduce si fanno i nomi di Santarsiero e Giuzio. Ma sono solo voci di corridoio che non trovano conferme ufficiali. La scelta degli assessori sarà un’occasione per individuare capacità interne alla Basilicata che hanno già dimostrato di saper governare e che svolgono un funzione politica di grande spessore. All’apparenza un rompicapo per i vertici del Pd. Il passato insegna qualcosa e per quanto possa asserire il celebre aforisma attribuito a Eraclito di Efeso, tutto scorre e nulla permane, le situazioni sono quasi sempre le stesse. Cambiano le persone ma la voglia di affermare un’idea di gestione della cosa pubblica resta la priorità. Anche perché, considerando il fenomeno del M5S, il partito sa quando serrare i ranghi e i risultati usciti dalle urne hanno comunque premiato i dem. Le anime del Pd esistono e fanno parte di una normale dialettica interna che non vuole alterare i principi alla base del partito, ma offrire una propria visione su cosa è meglio per i cittadini. Questa dovrebbe essere la finalità delle azioni degli uomini che svolgono funzioni istituzionali e politiche in una società democraticamente evoluta.
Il Partito democratico, in quanto forza di maggioranza, dovrà anche dimostrare ai lucani di non essere sordo alle voci della piazza. A parte le trivellazioni, ora è ritornata l’idea di smembrare la regione. Un cavallo di battaglia della Fondazione Agnelli e che oggi è diventato il contenuto di una proposta di riforma degli enti locali firmata da due parlamentari dem, Murassut e Ranucci. Il Potentino con la Calabria e il Materano con la Puglia. Un’idea che va a rivedere i principi scritti dai padri costituenti in ragione di un risparmio per la cassa pubblica. I no giungono da piccole regioni come il Molise, mentre i sì sono capeggiati da quelle con milioni di abitanti come il Lazio.

lunedì 5 gennaio 2015

Petrolio: domande dei cittadini al governatore lucano, Pittella



Esimio Presidente Pittella, in risposta al Suo invito di inoltrare a Lei qualsiasi domanda per fugare ogni dubbio che il Suo operato sia rivolto al bene comune dei Lucani, accetto il suo invito e Le rivolgo non una ma tante domande e sollevo non uno ma cento dubbi, in particolare: ritiene di avere la situazione sotto controllo quando ogni giorno escono dal Cova (Centro Oli ndr) di Viggiano circa 60 autobotti piene di acque di processo, senza che ne venga verificato il contenuto con prelievi a campione e senza che sia stata resa nota la destinazione, il tipo di trattamento ed il ciclo del rifiuto concentrato risultante? Questo perchè l’Arpab dice che non può effettuare tali controlli perchè la Autorizzazione Integrata Ambientale sottoscritta dalla Regione Basilicata non lo permette.
E' a conoscenza che presso il Cova di Viggiano due gruppi turbogas da 3,7 Mw funzionano a ciclo continuo 24 ore su 24 emettendo pericolose microparticelle (le famose PM 10 di cui tanto si parla nelle metropoli super inquinate) dannosissime per i polmoni di chi li respira?
E' a conoscenza che i due turbogas producono inquinamento termico del microclima e spreco energetico dovuto all’emissione di circa 14 Mwh di energia termica nell’ambiente?
Lo sa che questo calore potrebbe essere utilizzato per teleriscaldare Viggiano e Grumento insieme? Ritiene che l’emissione di incombusti che regolarmente seguono le sfiammate della torcia del Cova, le cosiddette anomalie (io li chiamo incidenti per sovraccarico) del Cova, siano aria salutare da respirare a pieni polmoni?
E’ a conoscenza di cosa l’Eni brucia nel proprio inceneritore, presso il CovaA di Viggiano, e se vi sia emissione di diossina nei fumi di combustione?
Non ritiene di aver svenduto la maggior ricchezza della Basilicata, l'acqua, quando numerosi studiosi segnalano l’inquinamento del Lago Pertusillo, l’inquinamento del bacino diga di Marsico Nuovo, l’inquinamento della falde acquifere ubicate a 100 metri di profondità?
Non ritiene di aver raso al suolo la produzione di prodotti tipici come il Vino delle Vigne di Viggiano, i fagioli di Sarconi, il Canestrato di Moliterno e di rischiare di fare altrettanto nella zona di produzione dell’Aglianico del Vulture mettendo in ginocchio la microeconomia locale a seguito delle trivellazioni selvagge previste dall’art.38?
Ritiene di avere la situazione sotto controllo quando i pozzi vengono ubicati in zone antropizzate e non esiste nemmeno uno straccio di Piano di Sicurezza per un possibile Blow-out, per gli abitanti circostanti alle installazioni dei pozzi?
E così pure è a conoscenza che durante una riunione pubblica alla presenza di Prefettura, V.V.F.F. e Protezione Civile Regionale, l’Eni ha rifiutato la mia proposta di dotare tutti i responsabili della sicurezza nelle Aziende limitrofi al Centro Olio di detector tarato per presenza di H2S nell’ambiente, in modo da poter allontanare immediatamente i lavoratori dalla zona industriale in caso di fuoriuscita di H2S; il rifiuto è stato determinato dal fatto che superando più volte nell’anno la soglia ammissibile, l’Eni avrebbe dovuto sopportare gli oneri di mancata produzione delle Aziende. Ritiene che siano affidabili i pozzi di reiniezione dopo che l’unico pozzo di reiniezione esistente (Costa Molina) ha mostrato che sono possibili eventi sismici nelle zone con presenza di fratture e/o faglie in cui viene effettuata la reiniezione a pressione, ipotesi questa suffragata da numerosi studi internazionali; è a conoscenza Lei che l’incamiciatura di un pozzo di reiniezione si ferma a circa 400 metri di profondità e nel 67% dei casi non garantisce la tenuta dei liquidi iniettati, non solo, ma è a conoscenza di cosa contiene l’acqua di processo trasportata con le autobotti o reiniettata nel sottosuolo ad una pressione di centinaia di bar e che potrebbe infiltrarsi nelle falde e nei terreni superficiali? A tal proposito Le allego in copia un Certificato di analisi di quell’acqua, commisionato da Eni e quindi documento originale ed ufficiale; se ha delle minime conoscenze di chimica si renderà conto di cosa stiamo parlando.
Ha mai fatto Lei signor Presidente qualche giornata di convegno full immersion con i tanti studiosi ed esperti presenti in Regione e che conoscono ed hanno approfondito le varie situazioni di criticità nella Regione, con il fine di avere un chiaro quadro della situazione? Oppure si è fidato solo di ciò che i vari Schiassi e Lambiase e Gheller Le hanno sussurato? A tal proposito La invito ad essere presente al Convegno Tecnico programmato a Lauria il giorno 7 gennaio prossimo ore 18,00 per migliorare le Sue conoscenze. 
Ha valutato Lei che le ulteriori trivellazioni che verrebbero autorizzate in Basilicata con lo SbloccaItalia (Sbloccatrivelle), con il meccanismo previsto al Comma 5 dell’art. 38, porterebbero ulteriori Royalties alla Regione solo tra 12 (dico dodici) anni, essendo le estrazioni dei primi dodici anni considerate prove di produzione e quindi libere da accise e Royalties; quindi dopo tutto lo scempio del territorio e l’alto rischio per la salute dei Lucani, non vi è nemmeno il tornaconto da Lei tanto decantato. Potrei continuare ancora con mille domande e dubbi, ma penso che queste siano sufficienti per farLe comprendere che un qualsiasi cittadino lucano, alla luce di tutte le perplessità sopra esposte si domandi lecitamente: “Ma perchè, se corriamo tanti rischi a fronte di ipotetici vantaggi economici che potrebbero arrivare solo tra 12 anni, il Presidente Pittella, adottando il Principio di Precauzione, non si schiera chiaramente contro la petrolizzazione scellerata della Basilicata? “, “ Perchè egli non sviluppa il turismo, l’agricoltura biologica e lo sviluppo dei prodotti tipici locali?". A questa lecita domanda, mi scusi signor Presidente, si può dare risposta solo ipotizzando una Sua posizione succube o, ancor peggio, complice del potere forte delle compagnie petrolifere, perchè di fronte a rischi così alti per la salute e per l’ambiente dove viviamo, ci si schiera o a favore dei Lucani o a favore dei petrolieri, senza articolo 38 che tenga e senza commistione e genuflessione ai dictat del duce di turno. In attesa di una Sua esauriente risposta ed in attesa di incontrarla al convegno tecnico di Lauria, Le porgo i migliori auguri di ravvedimento e distinti saluti.

Ing. Antonio Alberti