giovedì 17 luglio 2014

E' una tedesca!



Di recente è apparsa in televisione una campagna pubblicitaria di un famoso brand automobilistico tedesco la cui testimonial è Claudia Schiffer. E fin qui “nihil novi “ sotto questo cielo… se non fosse per il velato sarcasmo e per l’esasperata esaltazione delle capacità costruttive ed ingegneristiche “germaniche” che traspaiono dallo spot. “It’s a german!”, esclama infatti la modella a gran voce e con aria di tracotanza, quasi a sottolineare che “trattasi di un prodotto come si deve, non robetta italiana o di chissà quale altro paese”  (considerando che in quasi tutti i paese membri dell’UE si producono automobili e non solo). Ma davvero queste macchine “germaniche“ sono così formidabili? Pur ammettendone il pregio e le alte prestazioni, di fronte ad un simile spot ci si chiede se si tratti solo di marketing pubblicitario o di velato razzismo. Mi spiego: l’atteggiamento, il tono della modella suona quasi come un rimprovero sarcastico volto a sottolineare la superiorità tedesca in ogni ambito e settore, ed in particolar modo in quello politico ed economico. “Solo noi sappiamo fare le macchine, i bilanci e trainare le sorti dell’Unione!”, sembra cinguettare allegramente la Schiffer mentre posa davanti alle telecamere.  Se consideriamo che la Germania si è più volte indebitamente intromessa nella politica italiana, imponendo dall’alto riforme e l’adozione di provvedimenti  specifici, per altro di esclusiva pertinenza governativa nostrana, il messaggio dello spot in questione suona ancora più disturbante. Perché ciò inevitabilmente ci fa sentire colonizzati, un paese satellite le cui sorti sono in mano alla Merkel ed alla troika. Per altro, giova sottolineare come un gruppo tedesco (Lamborghini di proprietà dell’Audi) produca nel nostro paese auto di lusso rivendute in tutto il mondo, senza nulla avere da insegnare a noi italiani! Risulta difficile parlare, dunque, di integrazione tra paesi dell’UE se permangono barriere sociali, economiche e culturali di questo tipo, che si manifestano anche in un semplice spot pubblicitario di un’auto. L’Europa a più velocità è un fatto, una realtà incontestabile: ma sottolineare ed esasperare pregi e difetti di uno stato equivale a fomentare razzismi, stereotipi e pregiudizi. Ed a questo punto, sarebbe forse opportuno invitare i consumatori italiani ad acquistare auto nostrane e a non foraggiare il mercato straniero. “I tedeschi prendono tutto sul serio?”: anche i nostri ingegneri e metalmeccanici, se è per questo! E noi ci teniamo le nostre italiane!
Ilda & Smilzo

venerdì 11 luglio 2014

Julin e la massoneria finlandese


Di recente è venuto alla ribalta il caso di un ex massone finlandese del 33esimo grado, Juhani Julin, il quale, dopo ben 16 anni di appartenenza, ha deciso di rilasciare un’intervista shock in cui ha rivelato i segreti più scottanti della Massoneria. E’ bene precisare che esattamente 17 giorni dopo dall’intervista rilasciata alla TV finlandese, l’ex 33 è morto in circostanze ancora da spiegare, lasciando dietro di sé molti dubbi ed un fitto alone di mistero. Julin si avvicinò alla Massoneria in quanto affascinato dalle dottrine esoterica che essa propugnava: era, per così dire, assetato di conoscenza, alla ricerca di quelle profonde verità e del sapere ermetico che, spesso, coloro che si avventurano imprudentemente in gruppi iniziatici rincorrono. L’ex massone ha rivelato che nella Massoneria finlandese (come anche in quella del resto del mondo) vi sono 33 gradi, fondati sui cosiddetti segreti massonici. Ad ogni avanzamento di posizione il fratello è ammesso a conoscere il segreto del proprio grado, scoprendo con un lento e ponderato percorso sempre più frammenti di verità della dottrina sottesa. “Ad ogni grado fai un giuramento”, rivelava Julin, “e tu fai questi giuramenti senza sapere su cosa stai giurando”. L’ex massone affermava, infatti, che nella loggia veniva volutamente mantenuto un alone di mistero e di confusione circa il culto e la vera natura della divinità venerata dai massoni, ovvero il GADU (Grande Architetto Dell’Universo), al fine di “rassicurare gli animi degli adepti”. Moltissimi massoni sarebbero infatti tratti in inganno dalla presenza di elementi cristiani all’interno della Loggia (per es. la Bibbia)e dalle continue rassicurazioni dei fratelli sulla genuinità ed eticità della Massoneria. D’altronde, la Massoneria si autodefinisce come “un’associazione iniziatica e di fratellanza a base etica e morale che si propone come patto etico-morale tra persone libere”. Un patto di tutti gli affiliati all'associazione, alla via di perfezionamento delle più elevate condizioni dell’umanità. Ma chi è questo Grande Architetto che regge le sorti dell’universo? E’ forse il Dio cristiano? Julin ha precisato che solo al raggiungimento del 33esimo grado si apprende la vera natura della divinità massonica: Lucifero! Questo dato ce lo conferma anche lo studioso Gerber Weldon nel suo libro intitolato “dottrine segrete massoniche”, in cui smaschera la grande bugia della dottrina su cui si fonda la Massoneria. Julin ha anche rivelato che in Finlandia, in seno alla Chiesa, vi sono diversi massoni… tanto da aver interpellato Kari Mäkinen, arcivescovo della Chiesa Evangelica Luterana Finlandese, sulla posizione della Chiesa in merito alla Massoneria; ma quest’ultimo si è sempre rifiutato di rispondergli! Verrebbero in mente le parole di Paolo VI in riferimento alle infiltrazioni massoniche all’interno della chiesa cattolica: “La Massoneria è il fumo di satana infiltratosi anche nella casa di Dio”.
Ma come viene inquadrato il fenomeno nel Belpaese?
Antonio Socci nel libro “Il quarto segreto”, testo fondamentale per la comprensione del terzo segreto di Fatima, evidenzia i massoni esibissero un’iconografia inversa rispetto al cristianesimo, ove Lucifero schiaccia San Michele Arcangelo. Stiamo dunque davvero parlando di satanisti?
E pensare che molti studiosi, tra cui Roberto Quarta, sostengono che esiste un curioso, stretto rapporto tra i gesuiti ed i massoni. I Gesuiti, del resto, sono l’ordine più esoterico della Chiesa cattolica: coloro che “nella loro lunga storia, fatta non solo di tribunali inquisitori o di leggende nere, hanno utilizzato il simbolismo iniziatico ad maiorem dei gloriam. Basta visitare S.Ignazio e il Gesù le chiese madri romane per rendersi conto di come l’arte barocca sia stata la summa di conoscenze scientifiche ed esoteriche straordinarie: un vero e proprio itinerario sapienziale per rendere reale il possibile e collocare nel tempo l’eternità, sul modello degli Esercizi spirituali di S.Ignazio”.
Dall’ombra alla luce, come per la Massoneria… ma se per i seguaci di S. Ignazio la luce è un Dio trascendente e personale, per il buon massone alla fine dell’ascesa si trova il Grande Architetto dell’Universo.
Dubbi permangono.
E la punizione per chi rivela i segreti massonici, si sa, è la morte!


martedì 8 luglio 2014

Goletta verde: risultati monitoraggio acque

Ancora criticità alle foci dei fiumi Basento, Bufaloria e Sinni
Tre dei quattro punti monitorati da Goletta Verde sono risultati fuorilegge. Anche l’Ue bacchetta la Basilicata: 41 agglomerati urbani in procedura di infrazione per scarichi non depurati adeguatamente
Legambiente: “Sulla depurazione c’è ancora tanto da fare, ma i pericoli arrivano anche dagli attacchi del cemento alla costa. Alla Regione chiediamo di approvare un vincolo di inedificabilità di almeno un chilometro dal mare”
Trasformato irreversibilmente il 27% del paesaggio costiero

Ci sono ancora molte criticità sul fronte della depurazione in Basilicata: su quattro punti critici monitorati da Legambiente ben tre sono risultati fortemente inquinanti, evidenziando come le foci di alcuni fiumi continuano a sversare a mare carichi inquinanti che possono compromettere la qualità del mare lucano. Una criticità evidenziata anche dall’Unione europea che alla vigilia della stagione balneare ha avviato una nuova procedura di infrazione ai danni dell’Italia per la scarsa capacità depurativa che coinvolge ben 41 agglomerati urbani della Basilicata, per un totale di oltre 350mila abitanti equivalenti non serviti da un efficiente sistema depurativo. A preoccupare è però anche il rischio di compromettere l’immenso patrimonio costiero della regione, già trasformato inesorabilmente - secondo il dossier di Legambiente – del 27 per cento che ancora oggi presenta importanti caratteristiche di naturalità. Per questo da Goletta Verde arriva l’appello alla Regione non solo di risolvere al più presto le criticità del sistema depurativo, ma anche di fissare un vincolo di inedificabilità assoluta per tutte le aree costiere ancora libere dall'edificato di almeno 1 chilometro dal mare e approvare un Piano paesaggistico che stralci le previsioni edificatorie previste lungo la costa.
È questa la fotografia scattata dalla celebre campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio ed all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane, realizzata anche grazie al contributo del COOU, Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, che ha fatto tappa in Basilicata. L’istantanea regionale sulle acque costiere dell’equipe tecnica della Goletta Verde è stata presentata questa mattina, in conferenza stampa a Maratea da Serena Carpentieri, portavoce di Goletta Verde, Marco De Biasi, presidente di Legambiente Basilicata e Valeria Tempone, Legambiente Basilicata. Nel corso dell’incontro è stato presentato anche il dossier “La costa lucana, da Metaponto a Maratea: l'aggressione del cemento e i cambiamenti del paesaggio”.
L’obiettivo del monitoraggio di Goletta Verde è quello di individuare i punti critici di una regione, analizzando il carico batterico che arriva in mare. Anche nel caso della Basilicata, dunque, l’attenzione è stata focalizzata soprattutto alle foci e in tratti “sospetti” segnalati dai cittadini, attraverso il servizio SOS Goletta (www.legambiente.it/sosgoletta). Legambiente, è bene ribadirlo effettua un’istantanea che non vuole sostituirsi ai monitoraggi ufficiali e non assegna patenti di balneabilità. È evidente, però, che i punti critici evidenziati dai nostri monitoraggi meritano un approfondimento da parte degli enti competenti.
“Il nostro Paese vive un vero e proprio deficit depurativo, basti pensare che gli scarichi del 22% della popolazione italiana non vengono correttamente depurati e rischiano di provocare l’inquinamento del mare, dei fiumi e dei laghi afferma Serena Carpentieri, portavoce di Goletta Verde-. L’insufficiente depurazione è purtroppo un problema che non risparmia neanche la Basilicata, come dimostrano i dati di Goletta Verde ma soprattutto così come ci dice anche l’Unione Europea che ha inserito ben 41 agglomerati urbani della Basilicata nella nuova procedura di infrazione per il mancato adeguamento alla direttiva sul trattamento dei reflui che ha colpito l’Italia nei mesi scorsi. Questi agglomerati risultano non conformi all’art.4 in quanto non è stato dimostrato che tutto il carico generato riceve un adeguato trattamento secondario. E di questo siamo preoccupati, da un lato per le salate multe che potrebbero incombere su questa regione e dall’altro perché si rischia di non tutelare a sufficienza territorio meraviglioso che fa del turismo e della sostenibilità una carta vincente per superare la crisi. Ci auguriamo, quindi, che le nostre indagini possano servire da approfondimento e che gli enti preposti, Regioni e Amministrazioni comunali possano dare priorità politica e di intervento al miglioramento del sistema depurativo”.

I prelievi e le analisi di Goletta Verde sono stati eseguiti dal laboratorio mobile di Legambiente il 21 e 23 giugno scorso. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, Escherichia coli) e vengono considerati come “inquinati” i risultati che superano i valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e “fortemente inquinati” quelli che superano di più del doppio tali valori.
Secondo i monitoraggi di Goletta Verde è risultato “fortemente inquinato” il prelievo effettuato alla foce del fiume Basento, in località Torre a Mare di Metaponto. Un corso d’acqua già fortemente stressato dai carichi inquinanti industriali che riceve nell’ultimo tratto del suo corso che Goletta non analizza, ma che certo non contribuiscono a migliorare lo stato di salute del fiume.
Giudicate "inquinate", invece, le acque campionate a Scansano Jonico (alla foce del canale della Bufaloria a Lido Torre) e a Policoro (alla foce del fiume Sinni, nella zona industriale). Entro i limiti è risultato soltanto il campionamento effettuato a Marina di Maratea (spiaggia nei pressi della stazione).
Oltre al problema della depurazione Legambiente chiede di prestare maggiore attenzione anche all’aggressione del consumo di suolo costiero.
“Per la costa tirrenica, già tutelata dal Sic e per la quale si attende ancora l’istituzione dell’Area marina protetta, e per tutto l’arco ionico è prioritaria la necessità di intervenire con provvedimenti di tutela che evitino l’ampliamento dei centri esistenti verso il mare o la creazione di nuovi complessi – dichiara Marco De Biasi, presidente di Legambiente Basilicata - e di aprire un ragionamento che guardi al futuro risulta fondamentale per la costa lucana. Per questo alla Regione chiediamo di fissare un vincolo di inedificabilità assoluta per tutte le aree costiere ancora libere dall'edificato di almeno 1 chilometro dal mare, e di tutelare il territorio agricolo alle spalle della Pineta nella costa Jonica, attraverso l'approvazione di un piano paesaggistico delle aree costiere con una norma che intervenga anche nei confronti dei piani regolatori vigenti per stralciarne le previsioni edificatorie. Si tratterebbe di una chiara indicazione di tutela che è la precondizione per ragionare in maniera trasparente e condivisa di interventi di riqualificazione delle parti costruite, per valorizzarne le potenzialità turistiche, attraverso interventi che intervengano sulla messa in sicurezza statico, sull’efficienza energetica, sulla qualità ambientale”.
Lo studio di Legambiente, dedicato alla trasformazione del paesaggio costiero lucano, ha analizzato i 70,4 chilometri di coste, divisi tra litorale ionico e tirrenico (rispettivamente di 43 e 27,4 chilometri) e mette in evidenza come il 27% risulta trasformata da usi urbani e infrastrutturali. Più precisamente sono 7,4 i chilometri occupati da tessuti urbani poco densi, 45 chilometri di costa risultano con caratteri naturali e 5,7 chilometri si possono considerare paesaggi. A questa prima analisi si è aggiunta una seconda indagine, riguardante la morfologia della linea di costa: sono 44 i chilometri di spiaggia, mentre 19 sono i chilometri di costa rocciosa, 7,4 i chilometri di costa sono stati trasformati, in maniera irreversibile, con banchine e riempimenti legati agli usi portuali. Grazie allo studio di Legambiente è stato fatto un confronto con quella che era l'occupazione della costa nel 1988. Sovrapponendo le foto satellitari è stato possibile misurare il consumo di costa negli anni intercorrenti tra il 1988 e il 2011: dall'analisi si evince che in questo lasso temporale alcuni centri, come Acquafredda e Marina di Maratea sulla costa tirrenica, sono cresciuti sensibilmente come densità e il porto di Maratea ha visto la trasformazione del suo molo principale. Lungo la costa Jonica di rilevante c’è la costruzione del porto e dell’insediamento turistico di Marinagri, e di tre complessi turistici immediatamente alle spalle della pineta che occupano complessivamente oltre 76 ettari.
Lo studio ha, inoltre, evidenziato che il 25% della costa risulta sotto tutela ambientale. Lungo la costa ionica, neanche la presenza di una vasta fascia di pineta tutelata come Sito d’interesse comunitario (Sic), della Riserva Naturale di Metaponto e della Riserva Regionale tra Policoro e la foce del fiume Sinni, è riuscita a scongiurare interventi edilizi consistenti nel tratto più prossimo al mare come in tutta la fascia alle spalle della pineta e intorno ai fiumi.
Anche quest’anno il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, che da 30 anni si occupa della raccolta e del riciclo dell’olio lubrificante usato su tutto il territorio nazionale, è main partner della storica campagna estiva di Legambiente. “La difesa dell’ambiente, e del mare in particolare, rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione”, spiega Antonio Mastrostefano, direttore della Comunicazione del COOU. L’olio usato si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli di ciascun cittadino. “Se eliminato in modo scorretto questo rifiuto pericoloso può danneggiare l’ambiente in modo gravissimo: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in mare inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche”. A contatto con l’acqua, l’olio lubrificante usato crea una patina sottile che impedisce alla flora e alla fauna sottostante di respirare. Lo scorso anno in Basilicata il COOU ha raccolto 1.049 tonnellate di olio usato – 664 in provincia di Potenza e 385 in provincia di Matera - evitandone così lo sversamento nell’ambiente.
I RISULTATI DELLE ANALISI DI GOLETTA VERDE DEL MARE IN BASILICATA*
*prelievi effettuati tra 21 e il 23 giugno 2014
PROVINCIA
COMUNE
LOCALITÀ
PUNTO
GIUDIZIO
POTENZA
Maratea
Marina di Maratea
Spiaggia pressi stazione di Marina di Maratea - fine via Calaficarra
Entro i Limiti
MATERA
Metaponto
Torre a Mare
Foce del fiume Basento
Fortemente Inquinato
MATERA
Scansano Jonico
Lido Torre
Foce del canale della Bufaloria
Inquinato
MATERA
Policoro
Zona industriale
Foce del fiume Sinni
Inquinato
Il Monitoraggio scientifico
I prelievi e le analisi di Goletta Verde vengono eseguiti dal laboratorio mobile di Legambiente che anticipa il viaggio dell’imbarcazione a bordo di un laboratorio mobile attrezzato. I campioni per le analisi microbiologiche sono prelevati in barattoli sterili e conservati in frigorifero, fino al momento dell’analisi, che avviene nel laboratorio mobile lo stesso giorno di campionamento o comunque entro le 24 ore dal prelievo. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, escherichia coli) e chimico-fisici (temperatura dell’acqua, pH, ossigeno disciolto, conducibilità / salinità). Le analisi chimiche vengono effettuate direttamente in situ con l’ausilio di strumentazione da campo.
Il numero dei campionamenti effettuati viene definito in proporzione ai chilometri di costa di ogni regione.
LEGENDA
Facendo riferimento ai valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) i giudizi si esprimono sulla base dello schema seguente:
INQUINATO = Enterococchi intestinali maggiori di 200 UFC/100 ml e/o Escherichia Coli maggiori di 500 UFC/100ml
FORTEMENTE INQUINATO = Enterococchi intestinali maggiori di 400 UFC/100 ml e/o Escherichia Coli maggiori di 1000 UFC/100 ml
Su www.legambiente.it/golettaverde sezione Analisi è possibile visualizzare la mappa interattiva del monitoraggio, con i punti di campionamento e i risultati delle analisi. Il dossier è disponibile a questo link: http://www.legambiente.it/contenuti/dossier/il-consumo-di-suolo-nelle-aree-costiere-della-basilicata
il link diretto al dossier
http://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/consumo-suolo-basilicata.pdf

(D. P.)

domenica 6 luglio 2014

Miasmi a Pisticci Scalo: atto II

In un ottica capitalista, in perenne ricerca del profitto, che auspica i raddoppio delle estrazioni degli idrocarburi, al fine di raddoppiare le royalties, parte soccombente non possono che essere i cittadini! Ancora una volta, Pisticci Scalo fa parlare di se per la questione dei Miasmi avvertiti in prossimità del cosiddetto Tecnoparco, in Valbasento. Quale soluzione adottare? “La cosa più logica è spostare l’intero quartiere, si fa prima e si risolve il problema” ha affermato il senatore Massimo Mucchetti  del Pd, presidente della X Commissione industria, commercio, turismo del Senato, ad esito parziale dei due giorni di sopralluogo della sua commissione in Basilicata.
Spostare, dunque, 800 persone dalle proprie case, per non soffrire più del cattivo odore emesso da chissà quali sostanze, smaltite e stoccate più o meno legalmente al Tecnoparco.
“Trovo che sia un po’ strano  che dalla Val d’Agri si portino le acque nere in questi impianti con il risultato che a Pisticci si sta male a cause delle puzze, mentre l’Eni butta via 40 milioni di euro all’anno per fare questo trasporto, quando sarebbe più semplice, come avviene in tutte le parti del mondo, reiniettarle nei pozzi, assicurando una vita più lunga ai pozzi medesimi”, ha dichiarato Mucchetti, “Qui c’è un problema di sostenibilità degli odori. Abbiamo fatto il nostro giro, li abbiamo sentiti, è una situazione sgradevole. Allora facciamo due conti: le case nel quartiere valgono poco e niente. Quanto costa costruire più o meno altrettante abitazioni da un’altra parte? Non molto. Il problema si risolverebbe alla radice e abbastanza alla svelta. Pisticci Scalo non è il rione Tamburi di Taranto, con 25 mila anime. Qui è facile, ci sono 6-7-800 persone: si può fare, non avrebbe un costo elevato. Anzi il costo potrebbe essere sostenuto un po’ da tutti, anche dalle industrie, anche dalle stesse famiglie. Questo sarebbe un modo concreto di affrontare una parte del problema”.
Di diversa opinione è invece il senatore lucano del M5S, Vito Petrocelli, il quale auspicherebbe lo stop alle trivellazioni in Basilicata ed aborrisce l’idea delle reiniezione dei reflui.
Ma la nostra regione sembra destinata ad un grande progetto di sfruttamento intensivo, è la Eldorado petrolifera: “C’è tanto petrolio e gas da tirar fuori, di più di quello che si tira fuori adesso, sarebbe saggio aumentare la produzione, aumentare le royalties che vanno alla comunità lucana e spenderle meglio di come sono state spese finora. Usare queste royalties come volano per fare investimenti produttivi veri, adatti al territorio, sostenibili dal punto di vista ambientale”, afferma Mucchetti.
Il Comitato Pisticci Scalo Pulita ha invece chiesto la delocalizzazione degli impianti di trattamento, così come il sindaco di Pisticci: “Chiediamo che vengano sospesi i flussi di reflui rivenienti dalla val D’Agri. E, soprattutto, vogliamo sapere da Potenza cosa vuol fare politicamente della Valbasento. Finora non sono arrivate risposte. Se poi dal punto di vista istituzionale non riusciremo a cavare un ragno da un buco, allora va da sé che faremo quello che abbiamo fatto l’altra sera”.
Rimane da chiedersi quali sarebbero le devastanti conseguenze ambientali, territoriali e sulla salute che patirebbero gli abitanti di tutta la regione qualora raddoppiassero le attività estrattive sul territorio. Ai posteri (e neanche tanto lontani) l’ardua sentenza.


Cyber-stalking: un fenomeno in preoccupante crescita.

La Cassazione conferma: le molestie su Facebook e su piattaforme virtuali sono stalking. La Suprema Corte ha infatti confermato gli arresti di molti utenti che, su facebook ed altre piattaforme sociali, scaricavano la propria frustrazione contro uomini, donne, ex amici o familiari, una pagina, un gruppo e così via, affermando che: "La condotta persecutoria e assillante nei confronti di una persona attraverso Facebook costituisce una vera e propria molestia punibile in base al nuovo reato di stalking" (Sent. nr. 32404/2010, sez. VI penale).
Ma partiamo dall’inizio. In che cosa consiste il reato di stalking?
L’art. 612 bis c.p., introdotto soltanto nel 2009, disciplina tale fattispecie la cui condotta tipica si concreta in comportamenti reiterati che, identificandosi in veri e propri atti persecutori tali da minare gravemente psicologicamente e fisicamente la vittima, ingenerano in essa la paura e il fondato timore di un pericolo concreto nei confronti propri e/o dei propri familiari, minacciandone dunque anche la sfera affettiva. Soltanto nel 2009, anno di entrata in vigore della legge sullo stalking, le querele sono state 2.023, secondo i dati Istat; di queste, 873 sarebbero state archiviate per mancanza di prove, insussistenza del fatto o perché l'autore è riuscito a rimanere ignoto. La pena è aumentata fino ad un terzo nel caso in cui a commettere gli atti persecutori sia:
- il coniuge della vittima legalmente separato o divorziato;
- una persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa (ad esempio l'ex partner).
Quando la condotta descritta dalla norma è realizzata attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, quali internet, posta elettronica, chat, sms e/o messaggistica istantanea, si parla allora di "cyberstalking". ll persecutore o stalker può essere un estraneo, ma il più delle volte è un conoscente, un collega, un ex-compagno o ex-compagna (nella maggior parte dei casi) che agisce spinto dal desiderio di recuperare il precedente rapporto o per vendicarsi di qualche torto subito. In altri casi ci si trova, invece, davanti a persone con problemi di interazione sociale, che agiscono in questo modo con l'intento di stabilire una relazione sentimentale imponendo la propria presenza e insistendo anche nei casi in cui si sia ricevuta una chiara risposta negativa (ossessione erotomanica). Meno frequente il caso di individui affetti da disturbi mentali, per i quali l'atteggiamento persecutorio ha origine dalla convinzione di avere effettivamente una relazione con l'altra persona (delirio erotomanico). Questi soggetti manifestano cioè sintomi di perdita del contatto con la realtà e sette volte su dieci soffrono di personalità borderline. Solitamente questi comportamenti si protraggono per mesi o anni, il che mette in luce l'anormalità di questo genere di condotte. Il "Centro Presunti Autori – Unità Analisi Psico Comportamentale dell'Osservatorio Nazionale sullo Stalking" (CPA), un'organizzazione italiana che segue il fenomeno, ha proposto un profilo del presunto autore e una descrizione delle condotte riferibili allo stalking, o meglio un identikit psico-comportamentale, con il presupposto che qualsiasi categorizzazione può risultare riduttiva dell’unicità e irripetibilità della persona. Secondo la CPA, oltre il 50% dei persecutori ha vissuto almeno una volta nella vita l'abbandono, la separazione o il lutto di una persona cara che non è riuscito a razionalizzare.
Ma la categoria degli stalkers è composta in maggioranza da maschi o da femmine? Alcuni orientamenti di psicologia clinica affermano che le donne siano “per natura” più propense a serbare rancore nel tempo, e dunque finiscono col perpetrare atteggiamenti vessatori/intimidatori sul piano virtuale ed indiretto ai danni del proprio ex o della nuova fidanzata mediante messaggi indesiderati, emails o su piattaforme sociali allo scopo di creare paura, disagio, frustrazione, ed evitando tuttavia il contatto diretto poiché fondamentalmente lo temono (timore di incappare in reazioni violente o esasperate da parte della vittima) o sarebbe improduttivo e rischioso (paura di un ulteriore rifiuto dell’oggetto del desiderio ossessivo). Altri psicologi dicono invece che gli atti di violenza estrema come sfigurare il volto con acido, percosse, minacce ecc. siano però messi in pratica solo da stalker di sesso maschile; cambierebbe, dunque, la dinamica, il modus agendi in base al sesso del persecutore, benché il movente patologico alla base rimanga lo stesso. Per altro, se lo stalking è legato alla difficoltà di rielaborazione del lutto e alla bassa autostima e se tale difficoltà è equidistribuita tra maschi e femmine, evidentemente le vittime e gli autori di stalking si distribuiscono in percentuale del 50% tra maschi e femmine. Secondo gli studi della Sezione Atti persecutori del Reparto Analisi Criminologiche dei Carabinieri, gli stalker potrebbero inquadrarsi (a stretti, pragmatici fini di polizia) in cinque tipologie:
- il "risentito", caratterizzato da rancori per traumi affettivi ricevuti da altri a suo avviso ingiustamente (tipicamente un ex-partner di una relazione sentimentale);
- il "bisognoso d'affetto", desideroso di convertire a relazione sentimentale un ordinario rapporto della quotidianità; insiste e fa pressione nella convinzione che prima o poi l'oggetto delle sue attenzioni si convincerà;
- il "corteggiatore incompetente", che opera stalking in genere di breve durata, risulta opprimente e invadente principalmente per "ignoranza" delle modalità relazionali, dunque arreca un fastidio praticamente preterintenzionale;
- il "respinto", rifiutato dalla vittima, caratterizzato dal voler contemporaneamente vendicarsi dell'affronto costituito dal rifiuto e insieme riprovare ad allestire una relazione con la vittima stessa;
- il "predatore", il cui obiettivo è di natura essenzialmente sessuale, trae eccitazione dal riferire le sue mire a vittime che può rendere oggetto di caccia e possedere dopo avergli incusso paura; è una tipologia spesso riguardante voyeur e pedofili.
Purtroppo, la normativa di riferimento prende in considerazione non tanto la condotta in quanto tale, quindi il comportamento oggettivo, quanto piuttosto il danno psicologico causato nella vittima, dunque un elemento puramente soggettivo. Lo stato d’ansia permanente e il fondato timore cui l’art. 612 bis c.p. fa riferimento, perché si possa contestare il reato di stalking, sono infatti situazioni prettamente psicologiche, difficili da accertare data l’essenza puramente soggettiva. Ai fini di una corretta analisi, la giurisprudenza ha provveduto ad integrare il panorama legislvativo alquanto carente con una serie di pronunciamenti, e merita cenno la sentenza nr. 32404/2010 della Cassazione: in essa la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un imputato al quale il Tribunale di Potenza aveva contestato il reato di stalking ai danni dell’ex fidanzata; la loro relazione era da tempo conclusa ma ciò non era stato accettato dal ricorrente, il quale aveva messo in atto condotte ritenute persecutorie. Il tribunale aveva correttamente individuato, secondo la Cassazione, la condotta integrante la fattispecie prevista dall’art. 612 bis, rilevando come le “molestie reiterate, realizzate soprattutto attraverso l’uso di Internet e dei social network, Facebook nel caso di specie, arrivando persino all’utilizzo di filmati che ritraevano la vittima in intimità con l’indagato, inviati anche presso il luogo di lavoro della vittima, avessero provocato un senso di vergogna e ansia tali da costringere la donna a dimettersi”. Ed il giudice di legittimità, confermando la decisione del Tribunale circa la sussistenza dei presupposti che integrano il reato nel caso concreto, accoglieva una visione estensiva dei comportamenti attraverso i quali la condotta criminosa si realizzava e che si concretavano in tutti “quegli atti persecutori e ossessionanti, comunque posti in essere, dunque anche attraverso l’uso di strumenti telematici, che inducano la persona offesa a sentirsi tanto minacciata da dover modificare le proprie abitudini di vita, o che comunque provochino in essa gravi stati di ansia e paura”. La decisione della Cassazione confermava così la morfologia del reato tipizzato dalla norma come reato a forma libera, per cui la condotta non rileva in quanto tale, “potendosi essa realizzare con qualsiasi modalità”, ma perché idonea a realizzare almeno uno dei tre eventi contemplati dall’art. 612 bis c.p. sia tale, cioè, da “cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumita’ propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
Il fenomeno, già conosciuto all’estero, ove addirittura in alcuni stati il legislatore ha approntato una disciplina ad hoc, è destinato ad aumentare anche in Italia stante il sempre più ampio uso della rete. Inoltre, nel modello di legislazione adottato fuori dell'Europa la definizione della condotta è estremamente ampia ed è solitamente accompagnata da una descrizione delle reazioni di ansia o di paura delle vittime, mentre nel modello europeo sembra prevalere una definizione più dettagliata dei comportamenti tenuti dal molestatore.
Come difendersi: è opportuno rivolgersi subito alla questura o alle forze dell'ordine più vicine e richiedere l'emissione del provvedimento di ammonimento. Il questore, infatti, può ordinare allo stalker di tenere un comportamento conforme alla legge, avvertendolo che in caso contrario il procedimento penale potrebbe avere conseguenze ben più severe. La richiesta, però, deve essere molto dettagliata. Deve indicare: orario preciso delle molestie, il testo dei messaggi ricevuti, le condotte dello stalker e anche il numero di telefono e i dati anagrafici degli eventuali testimoni che potranno essere sentiti dal questore. Se la vittima è stata costretta ad assumere tranquillanti o altri farmaci contro i disturbi del sonno indotti da tali comportamenti è opportuno allegare alla richiesta ogni certificazione medica o ricevuta fiscale dei farmaci assunti. Se l'ammonimento non dovesse avere esito e lo stalker continuasse nelle sue persecuzioni, la vittima ha sei mesi di tempo dal fatto per sporgere formale querela; a quel punto il giudice per le indagini preliminari potrà emettere la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa prevista appunto per il reato di stalking.
Cosa fare poi se gli episodi di stalking e molestie hanno luogo su piattaforme virtuali e social network: ci si può rivolgere alla polizia postale che farà tutte le indagini del caso, risalendo attraverso gli indirizzi IP o url del profilo facebook alla persona responsabile. E’ consigliabile anche fare un “instant” della pagina, mettendo bene in evidenza eventuali post e link denigratori e l’indirizzo della pagina stessa, che andranno poi a costituire il materiale probatorio con cui avviare un procedimento. Se i messaggi o le conversazioni vengono cancellate, volutamente o non, comunque non c’è da preoccuparsi: nelle mani delle forze dell’ordine, anche ciò che si credeva cancellato o perso per sempre può essere, in tutto o in parte, recuperato.
Cosa fare poi se lo stalking e le minacce vengono commesse da chi risiede all’estero? Si possono eseguire arresti anche oltre confine, come è accaduto in un caso di Perugia: lo stalker accusato di avere perseguitato una cinquantenne residente a Perugia attraverso il social network Badoo, è stato bloccato all’estero. L'uomo era un disoccupato trentenne francese residente in un paese al confine con la Svizzera. A suo carico è stato eseguito un mandato di cattura internazionale disposto dal gip perugino nel quale si ipotizzavano i reati di stalking, sostituzione di persona e diffamazione. Il giovane si trova in Francia in attesa che le autorità locali decidano in merito alla competenza dell'indagine.
Sempre e comunque denunciare, mai indugiare!

(Ilda)

sabato 5 luglio 2014

Dossier Mare Monstrum


Bandiera Nera al Ministro Guidi per le perforazioni in mare Legambiente Basilicata: “Il mare lucano messo in pericolo come il resto del territorio della nostra regione. Pittella superi la logica della mera compensazione a discapito dell’energia pulita, del turismo sostenibile e dell’agricoltura”. Salpa la Goletta Verde per proteggere il nostro ecosistema marino Il 4 e il 5 Luglio tappa a Maratea Il 25 giugno inizierà il viaggio della Goletta dei laghi Si concluderà in Basilicata il 31 luglio al Pertusillo C’è anche il Ministro dello sviluppo economico Federica Guidi tra gli assegnatari delle 5 bandiere nere che Legambiente ha assegnato quest’anno per i progetti o le iniziative ai danni del mare. Alla Guidi il demerito di aver rilanciato le estrazioni petrolifere nel mare italiano. Nelle ultime settimane, infatti, il ministro è tornata più volte sulla necessità di puntare sui giacimenti di petrolio nazionale e di sbloccare le attività estrattive, tra cui le numerose richieste off-shore che oggi attendono di andare avanti. Prima ancora che le gravi conseguenze ambientali che un’attività di questo tipo in caso di incidente può causare nel bacino del Mediterraneo, è lo stesso ministero, con i dati che pubblica annualmente sulle riserve certe di petrolio, a smentire l’efficacia di questa strategia. Le quantità stimate sotto il mare italiano sono di appena 10 milioni di tonnellate e, stando ai consumi attuali, si esaurirebbero in soli due mesi. Continuare a rilanciare l’estrazione di idrocarburi nel mare Adriatico, nello Ionio, nel Canale di Sicilia e, più in generale, nel Mediterraneo, è solo il risultato di una strategia insensata che non garantisce nessun futuro energetico per il nostro Paese. Un discorso che, tra l’altro, per la Basilicata riguarda purtroppo l’intero territorio e non solo il mare e rispetto al quale non solo continuiamo a dichiararci contrari ma a chiedere al presidente Pittella risposte chiare e posizioni precise. Deve cambiare l’agenda politica dell’attuale governo regionale che individua nel petrolio una risorsa per lo sviluppo della nostra regione, secondo una logica di compensazione che guarda al mero aspetto economico, ai danni dell’energia pulita, del turismo sostenibile e dell’agricoltura. L’assegnazione arriva in occasione della partenza di Goletta Verde e della presentazione del Dossier Mare Monstrum. Tra mare e costa, nel 2013 forze dell’ordine e capitanerie di porto hanno accertato quasi 40 infrazioni al giorno, per l’esattezza 14.504. La pesca di frodo rappresenta il 42% di questa illegalità; le forze dell’ordine hanno sequestrato di più di 1 milione e 600 mila chilogrammi di pescato e le regioni più coinvolte sono Puglia, Campania, Sicilia, Calabria e Veneto. Più del 22% dei reati (3.264) riguarda, invece, lo scarico abusivo in mare per colpa di mala depurazione e scarichi fognari e per lo sversamento di idrocarburi. Quasi il 19% (2.742 reati) è stato registrato nel campo della violazione del codice della navigazione e il 16,6% nel ciclo del cemento, con la bellezza di 2.412 reati messi a verbale. Questi dati, contenuti nel dossier di Legambiente Mare Monstrum 2014, confermano l’aumento del numero di reati che è stato costante negli ultimi 4 anni. Rispetto al 2012 si registra un incremento complessivo del 7,3%, mentre l’aumento più significativo di reati si è riscontrato nel settore della depurazione con un’impennata del 26%. L’unica eccezione riguarda il ciclo illegale del cemento, calato del 15,8%, ma che registra la cifra più alta del business del “mare illegale”, oltre 266 milioni di euro, su un totale di quasi mezzo miliardo di euro accumulato commettendo eco-crimini fra mare e terraferma. E per completare il quadro del “mare inquinato”, occorre sottolineare ancora una volta i problemi strutturali del sistema di depurazione in Italia, che copre solo il 78,5% della popolazione. Un dato decisamente troppo basso rispetto agli obiettivi europei, che, dopo due sentenze di condanna già pervenute, ci è valso nel 2014 l’apertura della terza procedura d’infrazione per il mancato rispetto della direttiva europea del 1991 sul trattamento delle acque reflue urbane. Per questo, la Goletta Verde di Legambiente effettuerà un monitoraggio di 200 punti critici legati a problemi di depurazione. La storica imbarcazione, con il laboratorio mobile che la accompagna via terra, farà 32 tappe lungo la costa, svolgendo sui campioni d’acqua prelevati le analisi previste dalla legge e fornendo i risultati in tempo reale, ma si occuperà anche di consumo di suolo costiero e di trivellazioni offshore. Il giro si concluderà il 14 agosto in Friuli Venezia Giulia. In Basilicata la Goletta farà tappa a Maratea il 4 e 5 luglio prossimi. Del monitoraggio degli ambienti lacustri e del danno rappresentato anche in questo caso da abusivismo e illegalità di vario genere si occuperà invece la campagna di Legambiente Goletta dei laghi che partirà il 25 giugno dal Lago d’Iseo. Farà 11 tappe e si concluderà in Basilicata il 31 luglio sul Pertusillo. Attraverso un attento monitoraggio scientifico, anche in questo caso l’obiettivo del viaggio è quello di informare e sensibilizzare i cittadini sui rischi legati agli scarichi inquinanti e sull’importanza di proteggere la biodiversità e l’equilibrio degli ecosistemi dalle aggressioni dell’abusivismo e dell’incuria. Molti laghi italiani infatti sono minacciati da inquinamento, cattiva depurazione, captazioni eccessive, consumo di suolo e sovrasfruttamento. Anche la Goletta dei laghi è realizzata grazie alla collaborazione di COOU (main partner), di Novamont e di Nau! (partner tecnici). Cittadini e turisti possono inviare le loro segnalazioni sull’inquinamento del mare e dei laghi a SOS Goletta scrivendo a sosgoletta@legambiente.it o mandando un sms al 346.007.4114 http://www.legambiente.it/golettaverde http://www.legambiente.it/contenuti/articoli/goletta-dei-laghi-2014

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(D.P.)

Italia di nuovo condannata dall'UE, per un pestaggio di 14 anni fa.

L’Unione Europea bacchetta nuovamente l’Italia, questa volta per un fatto avvenuto in un carcere del sassarese:  alcuni agenti, infatti, riconosciuti colpevoli per atti di violenza avvenuti nell’Istituto di pena di San Sebastiano a Sassari il 3 aprile 2000, non hanno, dopo la sentenza definitiva, ricevuto pene proporzionali al reato commesso. I pestaggi erano all’ordine del giorno nella struttura e nello specifico, gli abusi furono la risposta repressiva a una protesta dei detenuti, che batterono con le posate sulle grate, diedero fuoco alle lenzuola, fecero esplodere le bombolette di gas perché, a causa dello sciopero dei direttori delle carceri, furono lasciati senza viveri del sopravvitto e senza sigarette. Dopo 14 anni di processi per lo più conclusi grazie a prescrizioni di reato e con condanne molto lievi (dirigenti del carcere condannati a pene dai 10 mesi a un anno e 8 mesi), è dunque la Corte europea dei diritti umani a fare giustizia ed a condannare l’Italia per aver “sottoposto a trattamento inumano e degradante uno dei detenuti” in particolare: Valentino Saba. Quest’ultimo, insieme ad una trentina di detenuti, era stato vittima delle violenze inflitte da una parte delle guardie carcerarie in servizio nel penitenziario sassarese ed aveva sporto denuncia. Lo scenario che emerse dalle dichiarazioni fu una vera e propria “Guantanamo sarda”: uomini ammanettati nudi e costretti a stare per ore con la faccia contro il muro, picchiati selvaggiamente, inondati di secchiate di acqua gelida, costretti a infilare la testa in un secchio colmo di acqua mista a sangue e vomito, presi a manganellate sui genitali. i giudici indicano come pene troppo leggere la multa di 100 euro inflitta a uno degli agenti che non ha denunciato le violenze commesse dai suoi colleghi, o il fatto di aver sospeso la condanna al carcere per altri agenti. Nella sentenza di Strasburgo i giudici hanno sottolineato come le autorità italiane non abbiano indicato se le persone sotto processo siano poi state sospese durante il procedimento come stabilisce la giurisprudenza della Corte stessa. Ed hanno anche stabilito che Valentino Saba “è stato sottoposto a trattamento inumano e degradante ma non a tortura”, come da lui sostenuto: lo Stato italiano gli deve pertanto versare 15mila euro a titolo di danni morali. Immediata è stata la replica del Sappe, ovvero del sindacato di polizia: "A 14 anni dai fatti”, sostiene il segretario generale Donato Capece, “mi stupisce la condanna dell'Italia da parte della Corte europea dei diritti umani. Lo abbiamo detto e lo voglio ribadire: a Sassari non ci fu nessuna spedizione punitiva contro i detenuti ma si tenne una necessaria operazione di servizio per ristabilire l'ordine in carcere a seguito di una diffusa protesta dei ristretti, operazione di servizio che venne contrastata con violenza da alcuni dei detenuti”. Patrizio Gonnella, presidente nazionale dell’associazione Antigone ha invece dichiarato che: “Non è più rinviabile la convocazione di un tavolo politico che dia risposte ferme su alcuni temi: l’inserimento del reato di tortura nel codice penale; la non impunità per chi commette atti di violenze verso persone che si hanno in custodia; meccanismi di educazione e formazione adeguati per il personale delle forze dell’ordine”.
(Ilde)